DETRITAL WASH | Residenza “D” ATUTTOTONDO DANZA 28.08/02.09.22
Detrital Wash: dal deserto all’estetica meditativa della natura
Indaga sulla tematica del deserto la quarta e ultima residenza del progetto ATUTTOTONDO Danza 2022. Ad esplorare e creare connessioni con gli spazi del Teatro Quirino De Giorgio, e con quelli meno convenzionali del Borgo Storico del Comune di Vigonza, sono questa volta Luca Zanni, in qualità d’autore, insieme alla danzatrice Maria Vittoria Feltre. In scena, venerdì 2 settembre, sarà il loro Detrital Wash, un lavoro che prende spunto da tutti quei luoghi dove la sopravvivenza della vita è più complessa.
Entrambi autori, danzatori, ma anche docenti. Cosa accomuna il vostro linguaggio?
M.V. L’insegnamento è dove più ci ritroviamo. Per me chiude il cerchio: danzo, quindi mi alleno, mi aggiorno e insegno ciò che il mio corpo sente più consono, utile e organico. Per me è la semplicità del corpo, riscoprirlo attraverso una giusta percezione della semplicità di movimento.
L. Facciamo pratiche diverse, ma siamo concordi nel considerare il corpo come funzionale, espressione del suo potenziale. Io pratico anche yoga, oltre ad amare lo sport dall’alpinismo al nuoto, e ne consegue una concezione olistica del corpo, in quanto forte e quindi sano.
M.V. Un corpo performante.
Nella vostra carriera emergono interessi inerenti alla danza, ma non sempre nell’ambito strettamente performativo.
M.V. Io ho sempre amato studiare. Mi sono iscritta al corso di laurea triennale DAMS di Firenze, ma sono rimasta delusa da un percorso di studi troppo radicato nel passato e troppo poco nella contemporaneità.
L. Io sono sempre stato curioso e mi ha affascinato un’esperienza di tirocinio per una compagnia come light designer, aiutandomi poi a concretizzare tecnicamente alcuni miei pensieri con maggiore facilità.
Il progetto ATUTTOTONDO prevede anche un’incursione danzata nel giorno di mercato. Cosa significa per voi condividere una pratica con la comunità?
M.V. Per noi è estremamente interessante arricchire il proprio sapere con le conoscenze altrui. Nello sharing training l’insegnamento è orizzontale: uno scambio che spazia dai 0 ai 99 anni, tra interpreti e docenti. Questo permette alla danza, con la sua conoscenza del corpo e del movimento, di essere accessibile a chiunque.
L. Poter portare la danza fuori da uno spazio teatrale permette di avvicinare e incuriosire anche chi in un teatro non ci sarebbe entrato. I feedback poi di un pubblico inusuale sono estremamente preziosi, perché il loro occhio non è già condizionato da una precedente estetica.
Quale spazio avete quindi selezionato per la restituzione finale?
L. L’incontro con Cristina Palumbo e Alessia Prati sono stati estremamente importanti in questo: conoscere la storia di questo borgo, oltre che ragionare su una drammaturgia che non sia per forza di narrazione esplicita, ci ha permesso di individuare la piazza di fronte al teatro come luogo ideale. Giocare con una profondità che va dai 20 ai 50 metri permette, a questo essere che danza, di vivere, condividere e sopravvivere all’interno di uno spazio austero.
M.V. Quando parliamo di difficoltà della materia, di terreno o di superficie, perché immaginarsela se la possiamo trovare? Ci è sembrato naturale, avendo già a disposizione tutti questi stimoli, di ragionare in termini anche più ecologici.
Da dove nasce l’idea di Detrital Wash?
L. L’idea è nata da alcune mie letture riguardanti questo fenomeno che possiamo ritrovare in India o in Arizona: ampie zone aride dove si accumulano detriti di ogni genere, sia organici che umani. A fronte di violenti piogge si crea un fiume solido e liquido che scorre e si muove con diverse stratificazioni. Ho cercato di dare una visione di questo fenomeno, creando un lavoro estetico ed astratto dove ognuno possa prendere ciò che vuole.
M.V. La natura ha tempi diversi che ne determinano un fascino contemplativo. Di fatto anche quanto creato dall’uomo può essere visto come “naturale” e spingere quindi alla contemplazione, come guardare un corpo che si muove in una piazza.
L. Come diceva Thoreau nell’Ottocento, il grosso problema della società contemporanea nasce dalla divisione uomo/natura. Nel tentativo di creare questa entità “uomo” ci siamo sempre più allontanati dalla natura ed ora ne vediamo le conseguenze.
Il lavoro si sofferma su tre aspetti principali: paesaggio arido, alluvione improvvisa e deserto interiore. Come si inserisce la ricerca del movimento in questi quadri?
M.V. Ogni passaggio è caratterizzato da qualità di movimento differenti ma l’interpretazione è più legata a stati emotivi personali. La difficoltà per me non è tanto nella qualità fisica ma nella concentrazione necessaria per stare in quel dato gesto.
L. Siamo partiti da un immaginario di foto e letture per capire come interpretarle nel corpo. Cosa significa vivere in un paesaggio arido, esserlo e mostrarlo? Abbiamo così selezionato una serie di movimenti che ci sembravano più funzionali. Molto utile è stata l’esperienza di Peer Coaching, ideata da Company Blu: una serie di pratiche proposte da autori diversi che ci ha permesso di sperimentare se stavamo andando nella direzione giusta, osservando come altri corpi traducevano queste tematiche.
Cos’è il deserto interiore?
M.V. Cambia sempre. Qui per esempio non l’abbiamo ancora identificato. È difficile uscire dalla performance e rivelarsi, ma a livello performativo è necessario spogliarsi delle costruzioni mentali e rimanere concentrati nel momento presente. Quando si sta performando di fronte a un pubblico bisogna azzerarsi, in senso positivo. E questo è attraversare un deserto interiore.
L. Quando si parla di ricerca interiore, di intimità, è facile cascare nel banale anche a livello musicale. La ricerca di sé è sempre borderline.
Che ruolo ha la musica in questo progetto?
L. Ho scelto un tappeto sonoro che ho sempre voluto utilizzare. Un’unica breve traccia che si ripete creando pieni e vuoti musicali che scandiscono i tempi scenici.
Un feedback sulla residenza?
L. e M.V. Questi momenti di scambio sono molto interessanti. Ci aiutano a sviscerare il progetto ed il processo creativo. Uscire dal confronto tra noi due permette di dar voce concreta ai nostri pensieri.
intervista a cura di Lara Crippa
residenza D | Vigonza, 29 agosto-2 settembre 2022